club

 

 

 

 

 

 

 

4

 

4.1
 
Finalità della ricerca

 

 

 

 

 

 
4.2
 
 
 
 

 

 

 

4.2
FINALITA' DELLA RICERCA

 

 

          Dalla lettura delle varie interpretazioni sulla strategia della tensione, si coglie la specificità a privilegiare un modello di spiegazione monocausale del fenomeno. Molte volte si indica la causa prima: la lotta politica interna, l'evoluzione dei rapporti internazionali, l'infedeltà degli apparati di sicurezza, i generali felloni, la presenza di organizzazioni criminali di eccezionale ' potenza di fuoco '. Privilegiando il modello monocausale, si concedono al massimo successive concause, sovrapposte al verificarsi del fenomeno stesso Si arriva in ogni caso ad una interpretazione della strategia della tensione riconducibile ad un disegno unitario.
 

Molti studiosi hanno discusso se gli eversori di destra siano stati subalterni ai servizi o, al contrario, se i servizi siano stati infiltrati dalla destra; se la mente strategica fosse all'interno del Paese o oltre Atlantico. Secondo Aurelio Lepre "è difficile dire se lo stragismo abbia avuto matrice solo nell'estrema destra; è probabile che si sia trattato di un fenomeno complesso, per l'intervento di forze diverse che avevano obiettivi diversi, dai servizi segreti alla criminalità organizzata"(101).

 

In effetti, sembra che la strategia della tensione sia stato un fenomeno unitario, ma non necessariamente debba essere stato unico l'attore. L'esperienza scaturita dalla lettura dei documenti va in questa direzione e cioè la presenza di più attori e non sempre in armonia fra loro: il golpe Borghese non può certamente essere considerato quel "colpo di stato liberale" auspicato da Edgardo Sogno, considerato il fine decisamente antidemocratico e

 


 

(101) A.Lepre, Storia della Prima Repubblica, il Mulino, Bologna 1993

 

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autoritario che ne sarebbe derivato. D'altra parte, rivalità, contrapposizioni e conflitti sembrano caratterizzare protagonisti dell'eversione golpista e stragista: Aloja contro De Lorenzo, Miceli contro Maletti. Ma si tratta solo di rivalità personali, anche se non si esclude che fossero operanti; piuttosto, invece, questi contrasti, evidenziano la presenza di diverse cordate di potere con obiettivi non coincidenti.
Quanto alle azioni dei servizi segreti di sicurezza dei diversi paesi occidentali, non si può certo dire che essi siano andati in un'unica direzione' (102) .

 

E lo stesso vale per la malavita organizzata che probabilmente vede nello stragismo un'utile occasione per poter conseguire obiettivi e scopi propri. E' dunque ragionevole pensare che all'interno del fenomeno preso in esame, abbiano agito più attori, tendenzialmente portati a strumentalizzarsi a vicenda o in aperto conflitto fra loro, ma uniti dall'avversione alla democrazia repubblicana e dal carattere occulto del loro agire.
 

L'unica costante presente nelle stragi, nei tentativi di colpi di stato, è il depistaggio che scatta immediato dopo gli attentati: a Brescia, per esempio, per improvvisa decisione del vicequestore, responsabile dell'ordine pubblico della piazza, si decide di pulire il luogo della strage dai detriti dello scoppio della bomba, prima che fosse giunto sul luogo dell'eccidio il magistrato, portando così alla distruzione di reperti essenziali per le indagini. Anche quando l'azione veniva da un gruppo avverso o autonomo, il depistaggio scatta automaticamente, segno che lo scopo è proteggere non solo il singolo episodio, ma l'occulto sistema di relazioni cui afferiscono tanto l'autore del reato quanto il depistatore.

 


 

(102) Si pensi al problema italo-yugoslavo, gli inglesi hanno sempre mostrato una propria autonomia rispetto agli americani.

 

 

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                     Un altro aspetto riguarda le fasi processuali. E' indubbio che di fronte ad episodi storici così criminosi, il primo problema sia quello di individuare gli esecutori e mandanti delle stragi per poi poter disegnare il quadro politico in cui l'azione si inserisce. Ma il protrarsi delle inchieste per molti anni, quasi sempre con esiti negativi in sede giudiziaria, ha fatto sì che l'impegno di studiosi, ricercatori, giornalisti, si indirizzasse esclusivamente in questo senso. La conseguenza è stata quella di appiattire la ricerca storica sugli esiti di quella giudiziaria. Con questo non si vuole certo affermare una sorta di "distrazione" nei confronti degli esiti processuali, ma il giudizio che emerge dalle aule dei tribunali non può che essere uno dei tasselli di un quadro generale da delineare con pazienza pezzo per pezzo.

 

 

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