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3.3.1
Peteano di Sagrado, Gorizia. 31 maggio 1972
   
Le vittimee
L'inchiesta giudiziaria
   
   

 

3.3.1
PETEANO DA SAGRADO, GORIZIA. 31 MAGGIO 1972
 
3 carabinieri morti

 

 

Alle ore 22,35 una telefonata anonima segnata al pronto intervento dei carabinieri di Gorizia la presenza di una Cinquecento bianca sospetta, con due fori di proiettile sul parabrezza. Nel giro di pochi minuti tre pattuglie dei carabinieri accorrono nei pressi di Peteano.

I militari avviano le prime operazioni di controllo e di perquisizione dell'autovettura. L'esplosione di una bomba, collegata con il dispositivo di apertura del portabagagli anteriore, investe in pieno ed uccide sul colpo tre carabinieri, mentre un quarto, protetto dalla portiera, rimane gravemente ferito. La dinamica dell'attentato indica chiaramente che terroristi hanno azionato una vera e propria trappola, mirata a colpire uno dei simboli delle istituzioni dello Stato.

 

 

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Le vittime

Franco Dongiovanni 23 anni, Antonio Ferraro 31 anni, Donato Poveromo 33 anni.

 

Franco DONGIOVANNI - Anni 23 - Carabiniere -
 
Antonio FERRARO - Anni 31 -Brigadiere dell'Arma

Nato a Uggiano La Chiesa (LE),

3 Dicembre 1949

Si arruolò nell’Arma nel 1968 e prestò servizio presso la Stazione di Cervignano e la Tenenza di Gradisca d’Isonzo.

Insignito della medaglia d’argento al Valor Civile “alla memoria”, il 16 maggio 1973.

 

Nato a Santa croce Camerina (RG),

2 Febbraio 1941

Si arruolò nell’Arma nel 1961, conseguendovi la promozione a Brigadiere nel 1966. Operò in più Reparti Territoriali della Regione Friuli Venezia Giulia; dal 1969, era in servizio alla Stazione di Gradisca d’Isonzo. Insignito della medaglia d’argento al Valor Civile “alla memoria”, il 16 maggio 1973.

Donato POVEROMO -Anni 33-Carabiniere scelto
 

Nato a Campomaggiore (PZ),

7 Agosto 1939

Si arruolò nell’Arma nel 1959. Operò in numerosi Reparti della Regione Friuli Venezia Giulia; dal 1971, era in servizio presso la Tenenza di Tarvisio. Insignito della medaglia d’argento al Valor Civile “alla memoria”, il 16 maggio 1973.

     

 

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L'inchiesta giudiziaria

Le indagini, condotte dai rappresentanti dell'Arma dei carabinieri, vengono inizialmente indirizzate verso gli ambienti della sinistra extraparlamentare. Quando questa traccia si rivela inconsistente, l'inchiesta imbocca la strada della pista locale che porta al coinvolgimento di alcuni malavitosi di Gorizia. Il processo di primo grado si chiude il 7 giugno del 1974 con l'assoluzione per insufficienza di prove degli imputati goriziani. Cinque anni dopo, nel

 

 

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giugno del 1979, la Corte d'Assise di Appello dì Venezia sancisce definitivamente e con formula piena l'assoluzione dei malavitosi.

Nel frattempo, iniziano ad emergere le azioni di depistaggio messe in atto da alcuni ufficiali dei carabinieri e da uomini dei servizi segreti. Il loro obiettivo è quello di avvalorare le indagini sviluppate verso gli ambienti della sinistra extraparlamentare e della malavita locale, screditando, di. conseguenza, la pista di estrema destra. Le operazioni di depistaggio si aggravano dopo il 6 ottobre 1972 quando, nel tentativo di dirottare un aereo nei pressi di Ronchi dei Legionari, viene ucciso il neofascista lvano Boccaccio. I bossoli della pistola sequestrata a Boccaccio, infatti, se comparati con quelli ritrovati a Peteano possono collegare direttamente i due episodi terroristici.

Da qui la necessità di sopprimere e falsificare alcuni atti ufficiali dell'inchiesta su Peteano. Nel corso del 1980 il procedimento diviene di competenza della procura di Venezia e nel 1982 viene affidato al giudice istruttore Felice Casson.

Questa nuova istruttoria si indirizza su alcuni esponenti del circolo Ordine Nuovo di Udine, di cui faceva parte anche Boccaccio. Nel maggio 1984 il neofascista Vincenzo Vinciguerra decide di ammettere le proprie responsabilità, pur senza rivelare i nomi dei complici. Il 4 agosto 1986, a conclusione del lavoro investigativo, vengono rinviati a giudizio Vinciguerra e il latitante Carlo Cicuttinì, accusati della strage di Peteano, insieme ad altri ordinovisti friulani. Il rinvio a giudizio con l'accusa di aver depistato le indagini riguarda invece gli ufficiali dei carabinieri Dino Mingarellì e Antonino Chiríco, oltre al procuratore della Repubblica di Gorizia, Bruno Pascoli (successivamente deceduto).

La sentenza di primo grado commina l'ergastolo per Vinciguerra e Cicuttini, mentre condanna a dieci anni il colonnello Mingarelli ed ìl capitano Chirico per calunnia aggravata. Il 6 Maggio del 1991, infine, la sentenza della Corte d'Assise di Appello di


 

 

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Venezia condanna definitivamente i neofascisti e sanziona la responsabilità dei carabinieri per i reati di falso e soppressione di atti.
Successivamente, il giudice istruttore Casson prosegue le indagini, approfondendo le ipotesi di depistaggio avanzate contro alcuni appartenenti alle forze di polizia, ai carabinieri e ai servizi segreti. In particolare, il magistrato veneziano rinvia a giudizio il perito Marco Morin per una ipotesi di falsa perizia riguardo all'esplosivo utilizzato per la strage. La strage di Peteano ha diversi punti di contatto con la storia della struttura segreta denominata "Gladio". Pochi mesi prima dell'attentato di Peteano viene scoperto uno dei nascondigli predisposti da quella organizzazione, Il Nasco numero 203. Vinciguerra, nelle sue dichiarazioni ha delineato fin dal 1984 lo schema di una struttura che assomiglia per diversi aspetti a quella di "Giadio". Inoltre, negli archivi della divisione dei Sismi responsabile di "Giadio" è stata rinvenuta una scheda intestata a Marco Morin. Una prima definizione di questi accertamenti è venuta con la sentenza di incompetenza per territorio emessa dal giudice istruttore in data 10 ottobre 1991. Con questo, atto è stato trasmesso alla procura romana il procedimento relativo a due alti ufficiali dei servizi segreti, Fulvio Martini e Paolo lnzerilli, imputati di cospirazione politica per aver diretto l'organizzazione clandestina "Gladio".

 

 

 

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