club

 

 

 

 

 

 

 

3.3

 

1970, Il Golpe Borghese, la notte dell'immacolata
 
 

 

 

 

 

 

 
3.3
1970, IL GOLPE BORGHESE, "LA NOTTE DELL'IMMACOLATA"

 

 

Mentre l'Italia del pallone gioiva per le imprese della nazionale di calcio, mentre Rivera 'fissava' definitivamente il punteggio per quattro a tre contro la Germania di Muller e Beckenbauer nell'incontro per l'ingresso in finale, le Istituzioni Repubblicane subivano attacchi violenti. L'estremismo nero, attraverso un carosello dì nomi e di sigle, Mar, Rosa dei venti, Ordine Nuovo, Terza. Posizione, tentava di sovvertire l'ordine democratico, prima diffondendo il terrore con una serie di attentati, e poi addirittura organizzando un colpo di Stato che, una volta fallito, passerà alla storia come il "golpe Borghese".
             

La violenza politica che l'Italia democratica deve affrontare a partire dagli anni Settanta, ha due punti di riferimento, seppure non sempre facilmente identificabili: il lascíto psicologico, culturale e politico del fascismo repubblicano di Salò da un lato, e quello della Resistenza dall'altro. In ambedue i casi, l'irriducibilità di queste estreme minoranze muove da un presupposto mitico. Per gli eredi di Salò si tratta dell'onore della patria tradito dal re e da Badoglio. E' per riscattare il disonore che tanti giovani, cresciuti nella scuola fascista, si impegnano nell'ultima disperata militanza a Salò. Dai ranghi della Repubblica Sociale viene il nucleo fondante della destra neofascista nel II° dopoguerra; e agli ideali del fascismo di Salò vanno riportati mentalità e propositi di quella base missina movimentista in cui viene reclutata la manovalanza per golpe e stragi (66).

 


 

(66) Una selezione emblematica in questo senso: CORTE D'APPELLO DI NAPOLI, 16 APRILE 1957: Non può ravvisarsi esaltazione in senso tecnico giuridico in ogni semplice e banale inneggiamento espresso in forme elementari, ad esempio manifesti affissi con le scritte "Viva la Nembo", 'Viva la Folgore", 'Viva la Monte rosa", "Viva la X Mas", "Mussolini presente'. TRIBUNALE DI ROMA, 12 OTTOBRE 1957: Non costituisce manifestazione fascista il fatto di fare l'appello fascista,il saluto romano e di cantare in coro la preghiera del Legionario in occasione di un rito funebre.TRIBUNALE DI ROMA, 28 APRILE 1958: Non è reato il lancio di manifestini inneggianti al fascismo e alla Repubblica sociale.TRIBUNALE DI CALTAGIRONE, 13 DICEMBRE 1961: Il canto dell'inno "Giovinezza" non costituisce manifestazione usuale del discolto Partito fascista non essendo tale canzone specifica e tipizzatrice dell'attività fascista, bensì comune ad altre ideologie ed altri ambienti politici. S.Zavoli, La notte della Repubblica, cit. pag.125

 

 

pag. 77

 

 

 

A questa sempre più lontana e generica matrice fascista, si aggiungeranno, col passare del tempo altri miti, quelli dell'arianesimo e del nazionalsocialismo hitleriano o addirittura quelli della ritualità celtica come espressione di una Europa forte, pura, e superiore, da contrapporre all'Est comunista e al capitalismo occidentale, soprattutto americano. Proprio una Europa vista come terza potenza mondiale, ma vissuta come rivincita sulla guerra perduta dal nazifascismo darà il nome "Terza posizione" ad una delle più importanti organizzazioni dell'eversione nera che sarà poi il serbatoio di reclutamento dei gruppi di fuoco dei NAR. Prevalentemente di segno operaio e studentesco, con diffuso reclutamento nell'emarginazione, è invece lo spazio sociale dell'eversione rossa; essa si radicalizzerà con il crescere dì quella nera fino a riempire la scena intorno alla metà degli anni Settanta, quando si scatenerà il terrorismo rosso. Sistematicamente mirate e tutt'altro che anonime le imprese rivendicate dai terroristi di sinistra, si distinguono proprio per questo da quelle di matrice nera. Ai neri resterà il primato di una violenza mai rivendicata, che colpisce alla cieca, indifferente a tutto fuorché al massacro che provoca e alle reazioni che suscita.

 

In mezzo a questi due estremismi c'è la moltitudine dei cittadini che credono nella democrazia, che vogliono costruire una società moderna, che si impegnano perché le istituzioni corrispondano al dettato della Carta costituzionale.

 

 

pag. 78

 

 

 

Un anno dopo "la bomba alla Banca dell'Agricoltura, nella notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970 il principe Junio Valerio Borghese, comandante della X Mas durante la repubblica di Salò nel 1944-45, tentò un colpo di stato, che si rivelò una impresa ancor più pericolosa del famoso "piano Solo" di De Lorenzo. Le truppe di Borghese erano costituite da un battaglione di guardie forestali e da un pugno di ex paracadutisti, guidati dal futuro deputato del MSI, Sandro Saccucci. Borghese riuscì ad occupare il ministero degli Interni per alcune ore ma si ritirò subito senza sparare un sol colpo, e l'opinione pubblica venne a conoscenza del fatto solamente il marzo successivo. Borghese era chiaramente un avventuriero senza molti appoggi; ma ancora una volta, emersero prove sconcertanti circa i suoi legami con settori dell'esercíto e dei servizi segreti. Nel 1974, dopo molti rinvii, quattro generali vennero accusati di complicità nel tentato colpo di stato di Borghese; uno di essi era Vito Miceli, il capo dei servizi segreti. Nel processo che ne seguí vennero tutti assolti.(67).

 

Se 'farsesca' è la definizione che lo storio inglese Ginsborg dà del golpe Borghese, diverso è il punto di vista dei membri della Commissione Bicamerale stragi che non hanno nessuna intenzione di minimizzare. Valutando i documenti acquisiti recentemente, senza più i pochi omissis che ancora perduravano, criticano "là valutazione insìgnifìcante che hanno avuto in sede giudiziaria (sentenza Corte d'Assise di Roma 14 Novembre 1978 e Corte di Assise di Appello del 14 Novembre 1984 che condussero al noto esíto globalmente assolutorio) ed anche da gran parte dell'opinione pubblica, appare spesso orientata da aspetti velleitari dell'operazione e

 


 

 

(67) P.Ginsborg, Storia d'Italia dal dopoguerra a oggo, Einaudi, Torino 1989,pag.452

 

 

pag. 79

 

 

 

dallo scarso spessore di molti dei suoi protagonisti, a definire l'episodio come un golpe da operetta(68).

 

Durante la 'notte dell'immacolata', quella del sabato 7 dicembre 1970, il 'golpe' tanto atteso dai gruppi di destra è a portata di mano. E' la notte di "Tora-Tora", così chiamata in ricordo dell'attacco a sorpresa condotto dai giapponesi a Pearl Harbor il 7 dicembre del 1941. Junio Valerio Borghese, romano, 64 anni, soprannomìnato il Principe, noto per le sue simpate nei confronti dell'estrema destra, medaglia d'oro per le famose operazioni condotte a bordo del suo sommergibile contro le navì britanniche alla fonda nel porto di Alessandrìa d'Egitto, impartisce gli ordini dalla sede del Fronte Nazionale, in via S. Angela Merici, a Roma, mentre nel comando operativo a Montesacro, sono già pronti i bracciali per gli uomini e i contrassegni per le auto, da usare subito dopo il successo del colpo dì mano. Un altro gruppo è in attesa presso la palestra dell'Associazione dei paracadutisti, al comando dell'ex tenente della "Folgore" Sandro Saccucci, eletto più tardi nelle file del Movimento Sociale Italiano e poi espulso dal partito per avere organizzato nel 1976 il raid di Sezze Romano, nel corso dei quale morirà un giovane comunista.

 

L'operazione scatta alle 20,30; sotto una pioggia battente un commando entra, con la partecípazione di un complice, nell'armeria del Viminale, impossessandosi di duecento mitra da distrìbuire ai rivoltosi. Nel frattempo, una colonna di 14 automezzi provenienti da Cittaducale, con a bordo 197 guardie forestali, guidate dal colonnello Lucíano Berti, arriva a poche centinaia di metri dal centro di produzione RAI, in via Teulada.

 


 

 

(68) G. Pellegrino, Proposta di Relazione, il terrorismo, le stragi e il contesto storico-politico,pag.165, Roma  199

 

 

pag. 80

 

 

 

L'occupazione del centro sarebbe servita per la lettura del proclama subito dopo la vittoria: "Italiani, l'auspicata svolta politica, il lungamente atteso colpo di Stato, ha avuto luogo. La formula politica che per un venticinquennio ci ha governato e ha portato l'Italia sull'orlo dello sfacelo economico e morale ha cessato di esistere. Nelle prossime ore, con successivi bollettini, vi verranno indìcati provvedimenti più immediati e idonei a fronteggiare gli attuali squilibri della nazione Le Forze armate, le Forze dell'ordine, gli uomini più competenti e rappresentativi della Nazione sono con noi, mentre, d'altro canto, possiamo assicurarvi che gli avversari più pericolosi, quelli per intenderci che volevano asservire la Patria allo straniero, sono stati resi inoffensivi. Soldati di terra, di mare e dell'aria, Forze dell'ordine, a voi affidiamo la difesa della Patria e il ristabilimento dell'ordine interno.
Nel riconsegnare nelle vostre mani il glorioso tricolore, vi invitiamo a gridare il nostro prorompente inno d'amore: Italia, Italia! Viva l'Italia!"(69)
               

Poi d’improvviso il contrordine. Le armi, salvo una mitraglietta, restano al Viminale; la Forestale fa dietro front; i paracadutisti rientrano in palestra e Saccucci, infuriato, definisce i capi del complotto " una manica di buffoni"(70).

 

Un 'golpe' dunque fermato all'ultimo minuto, quando già le armi erano state distribuite e si era padroni del Viminale, simbolo dello Stato e dei suoi apparati più delicati e riservati. Il perché di questo fallimento è uno dei tanti misteri della nostra storia recente. Un mistero che ha spiegazioni politiche in gran parte svelate dagli ultimi accertamenti dei magistrati.

 


 

 

(69) CSA
(70) S. Zavoli. La notte della Repubblica, cit., pag.130

 

pag. 81

 

 

 

Le indagini hanno dimostrato che c'era chi pensava agli attentati del 12 dicembre 1969 come 'innesco' di quella situazione di instabilità che avrebbe fatto scattare la proclamazione dello 'stato di emergenza', l'intervento dei militari supportati da forze politiche e da settori statali e produttivi, con conseguente scioglimento del Parlamento e formazione di un governo 'forte'. Un golpe non riuscito militarmente, ma che centrò l'obiettivo politico a cui miravano coloro che ne alimentarono la realizzazione.

 

Un dato è incontrovertibile: i contorni di quel mancato golpe del dicembre 1970 hanno assunto con il tempo una consistenza sempre più preoccupante.

 

Nei piani dei golpisti c'era anche l'arresto di Giuseppe Saragat, presidente della Repubblica; il compito era stato affidato ad un personaggio - all'epoca oscuro - Licio Gelli, un massone che aveva aderito al Fronte Nazionale di Junio Valerio Borghese. Gelli aveva assicurato il completo appoggio della massoneria che a lui si richiamava.

 

Secondo Orlandini, costruttore, braccio destro di Borghese, a sponsorizzare il tutto era la Nato e Richard Nixon: "La flotta Nato aveva già messo ìn moto le eliche ed era pronta a partire per avvicinarsi ... per qualsiasi evenienza, l'avevamo in appoggio. Ecco perché vi dico che non avete la minima idea della grandezza e della serietà della cosa"(71) .
Bisognava uccidere il capo della Polizia Vicari, isolare la capitale, impossessarsi di centrali telefoniche, scortare militari che appoggiavano il golpe fino alle sedi di comando e attendere l'arrivo dei gruppi militari che erano pronti a intervenire già dal primo mattino. L'ospedale militare dei Celio sarebbe stato trasformato in

 


 

 

 (71) P. Cucchiarelli, A. Giannuli, Lo Stato parallelo, cit.

 

pag. 82

 

 

 

carcere di passaggio, prima del concentramento degli 'enucleandi' di turno nelle isole Eolie.

 

I pareri sulla serietà di questi episodi sono abbastanza controversi. "Ufficialmente il caso fu archiviato come un fatto da operetta"(72).; Eppure un politico dalla cautela proverbiale, Arnaldo Forlani, nel 1972 definì pubblicamente ed esplicitamente il tentativo di Borghese come il più serio pericolo mai corso dalla Repubblica (73). La relativa 'cautela proverbiale' si manifestò nel non esplicitare le parti più allarmanti delle sue affermazioni: un avvertimento a chi dì dovere e il leader della DC non tornò mai più sull'argomento.(74)

 

Gli aspetti inquietantí dell'episodio sono certo numerosi. Ma chi diede effettivamente l'ordine di fermare tutto e perché? Qualcuno, come spiegò Borghese ai suoi, pochi giorni dopo, "si era tirato indietro" , quando sì stava per attaccare il Ministero della Difesa (75) .Si trattò di una 'prova generale', di un 'avvertimento' dei militari ai politici tramite i nostalgici di Borghese o l'abbandono dell'ala pìù oltranzista del 'partìto del golpe', bruciato in una lotta intestina con i rappresentanti di soluzioni più indolori e

 


 

 

(72) F. Ferraresi, Minacce alla democrazia, Ed. Feltrinelli, Milano 1995, pag.224.:Al diffondersi di giudizi ironici mínimizzanti sul golpe Borghese contribuisce una serie di episodidecisamente umoristici, come quello riguardante il "commando" incaricato di impadronirsi del capo della polizia, Angelo Vicari, che sbagliò indirizzo, salì su un ascensore di cui superò la portata massima, e vi rimase intrappolato per tutta la notte..
(73) Forlani aveva aggiunto: "questo tentativo disgregante, che è stato portato avanti con una trama che aveva radici organizzative e finanziarie consistenti, che ha trovato delle solidarietà probabilmente non soltanto in ordine interno ma anche in ordine internazionale, questo tentativo non è finito: noi sappiamo in modo documentato che questo tentativo è ancora in corso..." F. Ferraresi, Minacce alla democrazia, cit.pag.224, .
(74) ibidem, pag. 224
(75) ibídem pag. 248 A tal proposito sono estremamente indicative le parole di Mario Rosa," esponente di primo piano del Fronte e tra i più stretti collaboratori di Borghese, registrate dal contro spionaggio il 9 Dicembre del 1970: "Sembrava tutto fatto ma, all'ultimo momento, qualcosa non ha funzionato.. qualcuno si è tirato indietro".

 

pag. 83

 

 

 

meno traumatiche ma altrettanto eversive e pericolose? Probabilmente la soluzione più vicina alla realtà è quest'ultima (76) , con una variante: ci fu chi la prima facilitò ed alimentò la scelta golpista e poi cercò di goderne i risultati politici.(77)

 


 

 

(77) ibidem, pag.251: 'Se qualcuno non avesse mancato all'ultimo momento... il golpe sarebbe riuscito', disse Odandini agli ufficiali del SID. Amos Spìazzì suggerì che per identificare chi vi fosse dietro il "via" e poi lo "stop" all'azione bisognava tenere conto di alcune affermazioni fatte da Filippo De Jorio, P2, indicato come una delle menti politìche del tentativo di golpe. Tra l'altro De Jorio partecipò alle più importanti riunioni post-golpe. Odandini affamava, in particolare, De Jorio: 'E uno dei nostri ma pare che faccia il doppio gioco". Spiazzi si riferì alla mente "politica" del golpe dichiarando: '... era il nome di un ex ministro... oltre tutto è stato anche ministro della Difesa e mi dà fastidio farlo",. De Jorìo, già stretto collaboratore di Giulio Andreotti e destinato a diventare ministro degli Esteri in caso di successo del golpe, accusò il ministro della Difesa di aver tradìto "politicamente" gli esponenti più oltranzisti della destra golpista con un artìcolo ìntitolato "Un Giuda è tra noi", pubblicato dal settimanaIe 'Il Borghese". Secondo le dichiarazioni fatte dal capitano del SID Labruna ai magistrati, Umberto Federico D'Amato avrebbe fatto sapere ái congiurati di essere d'accordo con loro e di avere alle spalle il Ministro dell'Interno Restivo, il presidente Saragat e il governo degli Stati Uniti. Si sarebbe trattato, invece, di un tranello. Amos Spiazzi parla di una sua telefonata, nella notte, a Borghese: 'Gli spiegai cosa stava succedendo: 'Guardi che se ha intenzione di fare qualche cosa... è scattato questo piano.. ' Era una trappola, li avevano buttati allo sbaraglio per poi arrestarli, dimostrare che c'era stato un tentativo di golpe, far passare leggi eccezionali". Da Amos Spiazzi, Fermai il Golpe. Era una trappola, intervista a "L'Unità", 29 gennaio 1995. Sulla stessa linea la Relazione di minoranza Pisanò della Commissione P2: ad avvertire Borghese sarebbe stato il tenente colonnello Giuseppe Condò che si accorse che "l'ordine 'Operazione Triangolo', in base al quale erano state messe in allarme truppe, non era partito dai comandi che, secondo le regole, erano investiti di questi poteri, ma da un ufficio del SID. Si accorse inoltre che l'Arma dei Carabinieri aveva spostato dei reparti in base a criteri che con la 'Operazione Triangolo' non avevano molto a che vedere. Così si rese conto che le truppe in movimento, anziché agire, come riteneva Borghese, in favore del 'colpo di stato', stavano invece manovrando con obiettivi addirittura opposti'. Commissione P2, Relazione di minoranza Pisanò, p.139. Il contrordine, secondo Fabio De Felice era giunto da Gelli, uomo cui era molto vicino, dato che era venuta meno la disponibilità dell'Arma dei Carabinieri e non essendoci più certezza sull'appoggio deglì americani. Alfredo De Felice ha spiegato che la mobilitazione non aveva una reale possibilità di riuscita e che il fantasma di una svolta autoritaria era stato utilizzato proprio da Gelli come una sorta di armadi ricatto e condizionamento.

 

 

pag. 84

 

 

Non è credibile che un tentativo così pericoloso si sia arrestato sola perché - come cercò di spiegare Borghese - alcuni ufficiali che avevano promesso di aprire dall'interno il portone del Ministero della Difesa si tirarono indietro, oppure che l'esercito non uscì dalle caserme perché quella sera pioveva. Accadde qualcosa di 'politico': il 'golpe' fu bloccato e tutto fu messo a tacere. Molti l'indomani sapevano, il tentativo rimase segreto fino al 1971. "Può affermarsi, con sicura certezza, sulla base di tutte le risultanze processuali acquisite - affermò anni dopo il magistrato - che se il contrordine non vi fosse stato, indipendentemente dalle cause che lo determinarono e dalla riuscita o meno dell'azione insurrezionale, gravi e luttuosi eventi avrebbero caratterizzato la nostra storia recente."(78).

 

Quando si arrivò al giudizio finale, la vicenda "Tora Tora" fu valutata come grave e allarmante; ma le condanne furono inesistenti, come inesistente la 'logica', eminentemente politica e non solo organizzativa, che poteva collegare episodi diversi che avrebbero dovuto essere analizzati e giudicati in modo più approfondito.(79).

 


 

 

(78) ibidem, pag. 252

(79) Il P.m. Claudio Vitatone affermò. 'Le scoperte sono sensazionali e sconcertanti, anche perché risulteranno esatte, a dimostrazione di fonti SID inserite direttamente nelle strutture eversive e dell'assoluta inerzia del SID che consenfi lucidamente a quelle strutture di portare avanti progettì ed attentati stragistì e di estendere la propria rete di collusioni'. Nel processo erano originariamente coinvoltì 145 imputati e 72 indiziati ma di queste 217 persone ne arrivarono ìn giudizio solo 78. Le condanne furono 46. Caddero le imputazioni di associazione sovversiva e banda armata per la Rosa dei Venti, quella di cospirazione politica per Miceli e Marzollo. Vi fu l'archiviazione e il proscioglimento per Duilio Fanali, Rosselli Lorenzini, Hung Fenvvich, Carlo Fumagalli, Gianfranco Bertoli, eccetera. Il 27 novembre 1984 la Corte di Assise dì Roma assolse "perché il fatto non sussìste" tutti gli imputati del golpe Borghese revocando i mandatì di cattura per Remo Orlandini, Stefano Delle Chiaie, Sandro Saccucci (latitantì), Amos Spìazzi, Eliodoro Pomar, Mario Rosa, Giovannì De Rosa, eccetera. Tutta la complessa vicenda venne, nella sentenza finale della Corte di Assise, ridotta ad un golpe da burletta: 'I cospiranti scesero in piazza - è scrìtto nella sentenza - per un'isolata manifestazione eclatante, violenta, ostile, di per sé inìdonea a realizzare l'evento previsto [...] Sebbene inserìto in un disegno lucido, quel gesto appare, oggi come allora, velleitario, inutile e fallace'. In uno degli interrogatori Paolo riferisce che gli ambienti della P2 si diedero da fare per ottenere da Vitalone "un atteggiamento più favorevole per i partecipanti al golpe. Ibidem, pag.254

 

pag. 85

 

 

 

"E' forse - ha scritto nella sentenza ordinanza Guido Salvini, magistrato della Procura di Milano, che tanti risvolti del golpe Borghese ha confermato e svelato - l'unico caso di un processo in cui, per annacquare la portata politica di un evento, sono stati assolti tutti, compresi i reì confessi.(80)
             L'assoluzione finale del 1984 dei protagonisti del golpe, ridotto ai progetti velleitari di anziani ufficiali nostalgici, felloni, con la preoccupazione "dell'impiego del tempo libero" e innocue guardie forestali, ha sottratto dal punto di vista giudiziario, qualsiasi possibilità di chiarimento sulla vicenda; soprattutto, resta oscuro chi avesse consegnato al braccio destro di Borghese, un completo dossíer sulla consistenza e dislocazione delle forze armate italiane e Nato, da fare invidia alla più agguerrita delle spie. Documenti, definiti più tardi dal generale Miceli "non divulgabili"; gli stessi poi sequestrati in casa Orlandini il 15 settembre del 1973.
              E' estremamente probabile che anche gli esiti giudiziari della vicenda sarebbero stati diversi se intense e molteplici non fossero state le operazioni di occultamento della verità condotte anche da parte dei servizi segreti. In Italia da sempre fin dalle origini dello Stato unitario ci si interroga se siano sorti prima loro o le 'deviazioni'(81); La 'malattia' distintiva, in cent'anni di storia italiana dei Servizi Segreti che si manifesta in copertura di gravi reati, depistaggi di varia natura, salvacondotti di possibili attentatori.(82)

 


 

 

(80) G.I. Salvini. Sentenza Ordinaria. Atti Commissione Bicamerale Stragi. Roma 1994.

(81) In merito, sarebbe opportuno ricordare che già allora, il capo delle spie di Cavour, nelle sue memorie, descriveva come aveva alterato, in favore dei Savoia, i risultati del referendum del 1861, quello che sanciva l'annessìone al Piemonte delle terre 'liberate' da Garibaldi e Vittorio Emanuele. G. De Lutiis,
(82) Una "malattia' la cui diagnosi è ulteriormente delineata da Claudio Treves, deputato socialista, il quale il 25 giugno del 1917, in un intervento alla camera, dirà: Va denunciata l'esistenza, accanto alla polizia civile, di una polizia militare, la quale non limita le sue investigazioni contro lo spionaggio militare, ma le estende alle opinioni politiche, alla condotta politica dei cittadini, costruisce le sue fiche agendo in piena indipendenza da ogni potere governativo" G. De Lutiis, Storia dei servizi segreti in Italia, Editori Riuniti, Roma 1984.

 

pag. 86

 

 

 

 

RITORNA